Il Barolo, l’indiscusso re dei vini piemontesi e non solo…
Tra tutti i vini italiani e piemontesi, il Barolo occupa sicuramente una delle prime posizioni, tra i prodotti enogastronomici d’eccellenza più conosciuti e apprezzati in ogni parte del mondo.
Tradizionalmente, viene chiamato il “re dei vini e il vino dei re” per il suo profumo e sapore inconfondibile ma anche per le sue origini nobili, che si intrecciano con la storia di alcune delle casate più aristocratiche, che hanno segnato la storia del Piemonte e dell’Italia, tra cui i Falletti di Barolo e i Savoia.
I migliori esperti di vini ne apprezzano soprattutto il gusto corposo e robusto, che si ottiene grazie al lungo periodo d’invecchiamento e alle particolari tecniche di vinificazione, messe a punto nelle cantine del Conte di Cavour e dei Marchesi Falletti di Barolo nei primi anni del XIX secolo e tramandate praticamente intatte da generazioni di vinai che lavorano nelle cantine delle colline langarole.
Annate storiche di vino Barolo presso l’Enoteca Regionale del Barolo nel comune omonimo (CN)
Alessandro Vecchi
Le origini del Barolo, tra nobiltà e aristocrazia
Il vino Barolo nasce ancora oggi tra le colline dell’omonimo borgo, immerso nel meraviglioso territorio delle Langhe, Patrimonio UNESCO dal 2014. Un centro abitato piccolissimo, dove la cultura e la tradizione del buon vino accompagnano i suoi abitanti da molti secoli.
Nonostante il vino Barolo venisse prodotto da molto tempo nelle numerose cantine del paesino di Barolo, il suo successo iniziò nella prima metà dell’Ottocento, grazie a due personaggi particolarmente importanti per la storia dell’enologia piemontese: l’enologo Paolo Francesco Staglieno, il quale per primo, creò una versione del Barolo, utilizzando le uve Nebbiolo, e la Marchesa Juliette Colbert, meglio conosciuta come Giulia Falletti di Barolo che, dopo aver sposato Tancredi Falletti di Barolo, dedicò la sua esistenza ad opere benefiche e alla promozione di questo prezioso vino presso i Savoia e le famiglie più nobili di tutta Europa.
Paolo Francesco Staglieno è tuttora considerato uno dei pionieri della moderna enologia e, all’epoca, aveva ricevuto l’incarico di occuparsi dei vigneti e della gestione delle cantine del Tenimento di Pollenzo, oltre ad essere stato convocato dal Conte Camillo Benso di Cavour come collaboratore per migliorare i tradizionali processi di vinificazione e ottenere vini di qualità superiore da destinare alla famiglia Savoia e ai loro ospiti più illustri.
La marchesa Colbert proveniva da una nobile famiglia di vinificatori che, tradizionalmente, rifornivano le cantine della corte francese e, per questo motivo, era una grande appassionata e profonda conoscitrice del mondo dell’enologia, oltre ad essere aperta alle innovazioni e alle nuove tecniche per perfezionare la produzione vinicola nei suoi possedimenti.
Dopo un lungo periodo di sperimentazioni, prove e buoni risultati, i Marchesi Falletti di Barolo vollero proporre ai sovrani il prezioso prodotto delle loro cantine. Il successo fu davvero immediato e i Reali lo fecero apprezzare presso tutte le corti europee nel momento di loro maggiore splendore e prestigio, ovvero tra la seconda metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento.
Durante le due Guerre Mondiali, la produzione di vino Barolo venne quasi abbandonata, a causa della mancanza di contadini nelle campagne e di una terribile epidemia di filossera che ridusse significativamente il numero di vigneti. Solamente nei primi anni del Dopoguerra, le colline delle Langhe tornarono a coprirsi di nuovi vigneti di uve Nebbiolo, in particolare nei dintorni di Grinzane Cavour e Barolo.
A metà degli anni Sessanta, il Barolo ottenne finalmente l’ambita certificazione DOC che, dopo qualche anno si trasformò in DOCG. Nel frattempo, venne anche redatto e si iniziò ad applicare un rigido disciplinare che, ancora oggi, prevede l’utilizzo di sole uve Nebbiolo e un periodo d’invecchiamento minimo di 3 anni, di cui almeno 18 mesi devono trascorrere in botti di rovere o castagno, mentre per ottenere la dicitura “Riserva” , il vino deve riposare in cantina per più di 5 anni.
Come si produce oggi il vino Barolo
Le zone di produzione del vino Barolo vennero identificate per la prima volta già nel 1933 e attualmente comprendono i territori collinari dei comuni di Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba, La Morra, Monforte d’Alba, Roddi, Verduno, Cherasco, Diano d’Alba, Novello e Grinzane Cavour.
Per il vino Barolo, si possono utilizzare solo uve 100% Nebbiolo, coltivate su terreni in posizione collinare, dalla consistenza argillosa e calcarea, posti ad un’altitudine non inferiore a 170 metri e non superiore a 540 metri.
Il disciplinare prevede anche che la densità degli impianti non deve essere inferiore ai 3500 ceppi per ogni ettaro e che tutto il processo, dalla vinificazione all’imbottigliamento debba avvenire esclusivamente nelle aree identificate dal DOCG.
Tra tutti i territori piemontesi, le Langhe sono da sempre l’ideale per la coltivazione delle uve Nebbiolo, grazie alla particolare posizione dei rilievi collinari, naturalmente disposti in lunghe lingue di terra, e alle caratteristiche peculiari del terreno di queste zone, formato principalmente da rocce argillose e sedimenti sabbiosi.
Una volta vinificato, il Barolo necessita di un periodo d’invecchiamento in cantina di non meno di 3 anni, di cui almeno 18 mesi devono essere passati in botti di rovere o castagno per acquistare aroma e corposità. Tradizionalmente, il periodo d’invecchiamento inizia il 1° novembre dell’anno di produzione delle uve. Per potersi fregiare dell’appellativo “Riserva” il vino Barolo deve restare in cantina almeno per i successivi 5 anni, e ciò lo renderà ancora più prezioso e costoso.
È anche possibile acquistare una versione di Barolo detto “chinato”, che si ottiene aggiungendo al vino zucchero, alcol etilico e spezie sottoposte a lenta macerazione a temperatura ambiente. Dopo essere stato aromatizzato, il Barolo viene lasciato affinare in botte per circa un anno, allo scopo di renderlo più liquoroso e adatto ad essere consumato come vin brulè, digestivo o vino da meditazione.
Quali pietanze abbinare al vino Barolo
Il sapore elegante e ricco di fragranze avvolgenti del Barolo nasce dal lungo invecchiamento, che genera una straordinaria ricchezza di tannini. Questa specificità unica ed esclusiva è sicuramente affascinante, ma rende anche questo vino difficile da abbinare se non si seguono alcune semplici regole, suggerite dai migliori intenditori.
Innanzitutto, è bene sapere che esistono profonde differenze tra le varie zone di produzione, le annate e gli stili delle cantine, che possono influire sul gusto, l’aroma e la corposità del vino. Generalmente, si considera più fresco ed elegante il vino prodotto tra La Morra e Barolo, mentre quello vinificato tra Monforte d’Alba, Castiglione Falletto e Serralunga d’Alba presenta una maggiore gradazione alcolica e struttura, ideale per gli invecchiamenti più prolungati. Pertanto, se non si è attenti conoscitori delle caratteristiche del vino Barolo, è sempre consigliabile affidarsi a un buon sommelier o a un’enoteca di fiducia, che lo sappia abbinare nel modo più corretto ai cibi e alle preferenze dei commensali.
Per un accostamento che esalti i sapori in modo equilibrato ed elegante, si può comunque fare riferimento ad alcuni criteri di base che, se applicati, permetteranno di ottenere il massimo risultato e un’eccellente grado di soddisfazione:
- Il Barolo è adatto a cibi dal gusto ben strutturato, che riescano a compensare le sue componenti alcoliche, i tannini e i profumi intensi e avvolgenti;
- Ad ogni pietanza va abbinata una particolare tipologia di vino Barolo. Ad un vino più giovane si possono accostare formaggi di media stagionatura, risotti, primi piatti non troppo elaborati e secondi a base di carni bianche arrosto, mentre ad uno più invecchiato è preferibile abbinare carni rosse brasate, primi piatti più ricchi di sapore e formaggi molto stagionati. Inoltre, un Barolo di annata storica è un perfetto accompagnamento per piatti molto gustosi e realizzati con ingredienti di pregio, come i tartufi;
- Di regola, il Barolo va associato a pietanze con una spiccata componente umida, che riesca a addolcire i tannini molto persistenti del vino, come piatti ricchi di salse e sughi succulenti;
- Infine, per apprezzare il Barolo in tutta la sua bontà, non c’è nulla di meglio dei piatti e dei prodotti della tradizione del territorio piemontese, a partire dai deliziosi tajarin al ragù langarolo e alle carni di selvaggina fino al raffinato Castelmagno e al Bra più stagionato.
Questi piccoli suggerimenti sono sicuramente la base da cui partire per un ottimo abbinamento tra pietanze e vino Barolo, da utilizzare in una cena importante o per una ricorrenza, che lasci un ricordo indelebile nella propria memoria.
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Ti aspettiamo con un ottimo bicchiere di Barolo per brindare insieme a questa meravigliosa community!