Il Castello di Pollenzo, tra storia e slow food
Nel suggestivo panorama collinare delle Langhe, dove la natura incontra l’innovazione e l’innovazione comunica con l’arte, troviamo Pollenzo, uno dei più importanti luoghi archeologici del Piemonte.
Pollentia per i romani, città nella quale avvenne l’omonima battaglia che vide la disfatta dei Visigoti, è da sempre stata al centro di continue distruzioni e riedificazioni di chiese e castelli, ma ancora oggi, immerso nel verde, si erige ël castel ëd Polens, il Castello di Pollenzo, famosa residenza sabauda che nel 1997 è stata riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità.
La storia del Castello di Pollenzo
Dopo svariate contese che interessarono tutto il XII e XIII secolo, che avvennero tra i maggiori comuni del basso Piemonte e che ebbero come risultato la distruzione delle fortificazioni datate V secolo, Pollenzo divenne contea del visconte Antonio Porro. Fu proprio lui a promuovere la costruzione del castello nel 1386, su un progetto dell’ingegnere Andrea da Modena, castello che da lì a poco, sarebbe divenuto importante residenza feudale dei marchesi di Romagnano, i quali, dalla seconda metà del Cinquecento, si sarebbero poi occupati di rinnovare la struttura nello stile, basandosi su modelli manieristi, in modo da uniformarla all’architettura circostante, ossia con le residenze nella zona di Saluzzo, Alba e Casale Monferrato.
L’intervento di re Carlo Alberto
Le trasformazioni del castello e dell’intero complesso di edifici che lo circondano non terminano qui, infatti, nella seconda metà dell’Ottocento, il re Carlo Alberto, rapito da quella struttura, ne commissionò una nuova e totale ristrutturazione. Gli interventi furono di tale portata che comportarono la quasi totale distruzione del borgo medievale pre-esistente, compresa la chiesa di San Vittore, alcuni insediamenti rurali risalenti al 1300, e la viabilità; di fatto anche del castello restò intatta solo la magnifica torre cilindrica alta 46 metri che ancora oggi ammiriamo.
Per il nuovo progetto, Carlo Alberto si affidò a famosi architetti come Pelagio Palagi, che si occupò in primo luogo del castello, degli esterni così come degli interni, e che aveva già lavorato per il Re nel Castello Reale di Racconigi e nel Palazzo Reale di Torino. Palagi sarà accompagnato poi da Carlo Sada, Ernesto Melano (uno dei massimi esponenti dell’arte neogotica italiana) e da Xavier Kurten, che in qualità di progettista di giardini, si occupò soprattutto degli spazi che circondavano il castello.
Dal più grande edificio al più piccolo manufatto, architetti e artisti di particolare bravura diedero vita alla riplasmazione neogotica, seppur con diffusi elementi di forma classicheggiante, del castello e del borgo circostante, dando vita a quell’immagine di “ricreato medioevo” che tanto stava a cuore al re Carlo Alberto. Ne risulta un’atmosfera nostalgica, raffinata e affascinante, dove il rosso dei mattoni in contrasto col verde del giardino creano incantevoli scorci fotografici.
Tra gli altri che parteciparono al progetto si citano il pittore Bellosio, l’ebanista Moncalvo e lo scultore Gaggini.
La Galleria del Museo
Il Castello di Pollenzo già prima dell’acquisizione da parte del re Carlo Alberto accoglieva una raccolta di antichità di provenienza locale, la “Relazione sul valore dei latifondi infra specificati che le Regie Finanze cedono al Patrimonio privato di Sua Maestà il Re Carlo Alberto, 22 giugno 1833” cita infatti “…una preziosa raccolta di lapidi, di monumenti, di sculture, ed altre antiche opere già trovasi depositata nel castello predetto per special cura dell’Illustre Scienziato dei nostri tempi il signor Cavaliere Cesare Saluzzo”.
In seguito, fu adibita nel castello una vera e propria galleria chiamata “Galleria del Museo”, che presentava al suo interno le collezioni archeologiche del re. Molti elenchi inventarili relativi alla Galleria attestano la presenza di reperti provenienti dal territorio pollentino, ma anche di materiali archeologici di altra natura, quali ceramiche romane, vasi campani, etruschi, corinzi, ed anche un piccolo nucleo di manufatti di produzione fenicio-punica.
Il Castello di Pollenzo oggi
Impossibile parlare del castello senza nominare l’Agenzia, edificio che all’epoca fu il fondamentale centro economico-finanziario della tenuta, e che, come desiderato da Carlo Alberto, divenne luogo di sperimentazione in campo vitivinicolo, oltre che centro direzionale atto a coordinare le attività della sterminata tenuta.
Negli anni 90 venne messo in atto il recupero degli edifici carloalbertini come parte di un progetto patrocinato da Slow Food che si concentra sulla promozione di questi ultimi nell’ambito del turismo enogastronomico che da sempre caratterizza le Langhe. L’acquisto degli edifici prima e la loro ulteriore restaurazione poi (che avvene tra il 1999 e il 2004) ha permesso di dare nuova vita al complesso architettonico della tenuta di Pollenzo, restituendone una parte ad un utilizzo pubblico. Il castello resta infatti chiuso al pubblico, mentre l’Agenzia ospita ora la sede dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, la Banca del Vino e l’Albergo dell’Agenzia.
L’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche è il primo ateneo al mondo dedicato interamente alla cultura del cibo; la Banca del Vino è una società cooperativa nata anch’essa negli anni 90, il suo caveau è visitabile e custodisce la memoria storica del vino italiano; l’Albego dell’Agenzia, situato nel meraviglioso contesto dell’Agenzia, offre la possibilità di godere al meglio di questo luogo, della sua atmosfera, della sua storia, e dei sapori che ha da offrire.
Chiesa di san Vittore
Collegata al castello vi è la chiesa di san Vittore, anch’essa realizzato nel primo ventennio del 1800, in forme neogotiche dall’architetto Ernesto Melano. L’esterno è caratterizzato da grandi contrafforti ornati di statue opera di Giuseppe Gaggini e Stefano Butti, (quarantasei quelle presenti complessivamente tra esterno ed interno dell’edificio). All’interno la chiesa di san Vittore si presenta con un trionfo di decori fra cui gli intrecci a finto rilievo della volta, opera del pittore lombardo Paolo Fea. La chiesa custodisce un dipinto di Carlo Bellosioche ritrae il martirio di san Vittore ed un suo affresco nell’abside raffigurante la “Madonna e il Bambino in gloria con la Trinità”.
Banchi e i confessionali sono opera del grande ebanista piemontese del 1800 Gabriele Capello, detto il Moncalvo. Inoltre è presente il prezioso coro ligneo del ‘500 proveniente dell’ Abbazia di Santa Maria di Staffarda in Revello (vicino a Saluzzo), spostato qui per volontà del Re Carlo Alberto .
Contatti, orari, tariffe
Come riportato sul sito ufficiale: “Visto il perdurare dell’emergenza sanitaria e il conseguente passaggio nelle tre aree (area gialla, area arancione, area rossa), in base a parametri stabiliti, si consiglia di verificare gli aggiornamenti relativi a musei/eventi sui siti ufficiali.”
La tenuta risulta pertanto chiusa.