Non tutti sanno che il Piemonte è una delle regioni italiane con la più alta concentrazione di depositi auriferi e che, negli ultimi due anni, sono aumentati in modo significativo gli hobbisti e gli appassionati che si dedicano a questa attività nei nostri fiumi e torrenti.

Anche se regolamentata dalla legge n.1443 del 1927, la quale indica che tutti i beni del sottosuolo sono di proprietà governativa, la ricerca dell’oro nei fiumi e nei torrenti è libera, tenendo sempre in considerazione le norme regionali, che possono imporre regole e limitazioni a livello locale. La Regione Piemonte impone l’iscrizione gratuita al Registro regionale dei raccoglitori e ricercatori di minerali a chiunque voglia dedicarsi alla ricerca del prezioso metallo e di altri minerali per fini scientifici, didattici o per collezionismo. La norma indica le modalità, le tecniche e i mezzi con cui può essere effettuata la raccolta e i quantitativi giornalieri ammessi per ogni iscritto al registro.

Le origini della ricerca dell’oro in Piemonte

La presenza di giacimenti auriferi era già nota in epoca pre-cristiana alle popolazioni che occupavano la parte nord occidentale delle Alpi e l’alto bacino del Po e per secoli vennero ampiamente sfruttati, a partire dai Romani fino alla metà del XIX secolo, quando il Piemonte era ancora il terzo produttore d’oro al mondo dopo la Russia e l’Impero Austro-Ungarico.

Uno dei giacimenti più importanti dal punto di vista storico ed estrattivo è la Bessa, che si trova sul versante biellese della Serra, ma l’oro è tuttora presente in alcune zone del Canavese, della Valle Anzasca e nelle vicinanze di Alagna Valsesia, in particolare nei fiumi Dora Baltea, Chiusella, Orco, Elvo, Cervo, Ticino e Orba.

Fino agli anni Cinquanta, soprattutto nel periodo invernale, gli agricoltori si dedicavano alla ricerca dell’oro per sopperire ai mancati guadagni nei periodi in cui il lavoro nelle campagne era fermo e utilizzavano le preziose pagliuzze come moneta di scambio per acquistare i beni necessari alla vita quotidiana. Con l’espansione delle industrie, a partire dalla metà del secolo scorso, andare a raccogliere l’oro nei fiumi divenne sempre meno redditizio rispetto allo stipendio di un operaio in fabbrica, per cui questa faticosa pratica venne sostanzialmente abbandonata.

Il prezioso metallo non era però scomparso dalle acque che scendevano dai monti e, all’inizio degli anni Ottanta, si iniziò nuovamente a valorizzare la ricerca dell’oro più come pratica sportiva che come attività redditizia o lavorativa, soprattutto grazie al lavoro di Giuseppe Pipino, un geologo di origini napoletane che da anni si era trasferito nell’alessandrino. Pipino era profondamente convinto della presenza dell’oro in Piemonte, tanto da organizzare, nel 1985, i Campionati Mondiali di Ricerca dell’Oro a Ovada. Nel 1987 a Pedrosa fondò anche il primo e unico Museo dell’Oro, dove ancora oggi è possibile ammirare testimonianze e strumenti per l’estrazione mineraria di questo prezioso metallo.

Oggi, l’estrazione a livello industriale dell’oro in Italia non è più economicamente immaginabile, per le leggi ambientali sempre più stringenti e l’alto costo della manodopera, ma nel corso del tempo sono nate numerose associazioni che coinvolgono hobbisti e appassionati di tutte le età, in particolare pensionati, che amano stare a contatto con la natura e svolgere questa attività a livello amatoriale. Visto il rinnovato e diffuso interesse, la ricerca dell’oro potrebbe diventare una nuova occasione per attirare turisti sul territorio, con escursioni ed eventi da affiancare alla prestigiosa enogastronomia piemontese.

Come riconoscere e raccogliere l’oro

Nei fiumi e nei torrenti, l’oro si presenta in piccole pagliuzze inglobate in frammenti di quarzo, in pepite arrotondate o, più raramente, in cristalli cubici o ottaedrici. Il colore è sempre giallo brillante, perché questo metallo è inattaccabile dagli agenti atmosferici e dagli acidi. È molto duttile, malleabile, indistruttibile ed è un ottimo conduttore elettrico e spesso si mescola alle sabbie e ai detriti trasportati dai fiumi e dai torrenti.

Per iniziare la ricerca, è necessario individuare la zona aurifera, conoscendo l’azione e il comportamento delle acque, la conformazione e il senso della corrente del fiume, e la presenza di metalli pesanti e meno pesanti su cui si vuole concentrare la ricerca. Una volta trovata la “punta”, cioè l’area in cui è più proficuo effettuare la ricerca, si può iniziare a scavare, utilizzando una batea, una specie di padella da immergere nelle acque calme del corso d’acqua, con cui setacciare le sabbie per individuare le pagliuzze d’oro. Grazie all’alto peso specifico, l’oro rimane sul fondo del catino e può essere facilmente selezionato.

Dove trovare l’oro in Piemonte

Una delle zone più ricche d’oro del Piemonte è sicuramente il Canavese, talvolta anche in quantità considerevoli. Ad est, sotto la Serra, anticamente correva un antico fiume, denominato Dora Morta, che fungeva da emissario per il grande lago morenico che ricopriva tutta l’area fino all’odierna Cavaglià e la cui presenza è ora testimoniata dai laghi di Viverone e di Candia. L’antico alveo ha lasciato numerosi residui di oro nativo, ancora oggi individuabili nei terreni canavesani.

Spostandosi verso Mazzè, la tradizione popolare afferma che si possano ancora oggi trovare pagliuzze d’oro nelle acque della Dora Baltea, mentre ad Andrate è apprezzabile la quantità d’oro presente nei torrenti Viona e Ribes. Inoltre, non si possono non menzionare l’Orco, denominato in canavesano l’Eva d’or, che percorre l’omonima valle fino alle porte di Chivasso, il Malone che arriva fino alle porte di Brandizzo e il Chiusella, che dalle piccole miniere di Succinto trasporta le sue pepite fino a valle.

La Bessa, alle pendici del Mombarone, è ancora oggi un’importante testimonianza della presenza dell’oro in questa parte del Piemonte. Tra le sue pietre è ancora possibile trovare particelle d’oro sotto forma di lamelle e granuli, le quali dimostrano che l’oro sia stato trasportato fin qui dallo spostamento dei ghiacciai che hanno dato forma a tutta la zona del Canavese.

Il Cervo, nel tratto tra Andorno e Biella, sembra essere una zona particolarmente ricca d’oro, anche di notevoli dimensioni, che poi si trasforma in polveri sempre più fini, scendendo verso la confluenza con il Sesia. Sembra che questo metallo provenga dalla Val Sessera, interessata in tempi antichissimi dallo sviluppo dei processi glaciali. Rimanendo nel Biellese, anche nelle acque dell’Elvo si possono trovare notevoli quantità d’oro, in particolare nelle zone di Carisio, Cerrione, Occhieppo e Salussola.

Ad Alagna e nella vicina Valle Anzasca, l’estrazione dell’oro ha avuto inizio intorno al 1500 con l’individuazione di diversi filoni auriferi, che però vennero abbandonati verso la fine del XVIII secolo. Nel corso del tempo vennero scavati diversi filoni in quote che vanno dai 2000 ai 3000 metri d’altitudine, di cui rimangono testimonianze storiche, ma soprattutto sono confermate dalla presenza di oro nelle acque del fiume Sesia.

Il Ticino è un altro fiume particolarmente ricco d’oro. Nella zona di Varallo Pombia si trovano grandi accumuli di massi, simili a quelli ritrovati alla Bessa, che testimoniano l’attività estrattiva a cielo aperto portata avanti in epoca romana. Ancora oggi, l’oro è presente nelle acque del fiume sotto forma di pagliuzze di lunghezza inferiore al millimetro, che però attirano ogni anno molti appassionati in queste zone.

Infine l’Orba per secoli è stato oggetto di estrazione dell’oro, anche a livello industriale. A Casal Cermelli verso la fine dell’Ottocento venne creato un vero stabilimento con macchinari che dragavano il letto del fiume Orba per ricavarne le sabbie da setacciare e ricavare il maggior numero di pepite e pagliuzze possibili. L’attività proseguì tra vari tentativi fino alla fine degli anni Settanta, quando venne definitivamente abbandonata. Dal 1981, grazie alla volontà di Giuseppe Pipino di utilizzare la “corsa all’oro” come attrattiva turistica, a Cascina Merlanetta a Casal Cermelli vengono proposti ogni anno manifestazioni ed eventi culturali e turistici, allo scopo di incrementare la conoscenza del territorio e le sue origini geologiche. È anche possibile visitare un museo in cui sono esposte le attrezzature utilizzate dai cercatori d’oro e campioni di minerali tipici della zona.

La ricerca dell’oro è sicuramente un’attività affascinante che, se unita alle bellezze del nostro territorio e alle eccellenze enogastronomiche, può davvero diventare un patrimonio turistico importante da valorizzare e promuovere.